domenica 15 gennaio 2023

Dal DANTE degli Alighieri, al PRENDENTE dei Draghi

 

Dal DANTE degli Alighieri, al PRENDENTE dei Draghi

Dante Alighieri si rivolta nella tomba, insieme a Rousseau e a Montesquieu, anche se per riflessi filosofici leggermente diversi sugli sviluppi insospettabili assunti da un’età della vita che non avrebbe mai pensato essere la causa di tanto Pandemonio, Pandemia e ‘Pandemenza’.

Se il sommo poeta avesse saputo, nel Medioevo, che nell'Evo attuale, molto meno pregiato dell'omonimo marchio "extravergine d'oliva", si sarebbe dovuto pagare il fio di possedere un corpo, non si sarebbe certo arrischiato a farselo traghettare da Caronte nell’Inferno, divenuto ora ancor più ribollente per questioni sanitarie e belliche.

Nel girone dell’accidia nazionale, due anni fa fu scaraventata l’Italia, già erede di quei fiorentini e dei fiRenzi di turno, che la svendono agli affaristi filo-europeisti, a loro volta al soldo di burattinai e di prenditori globalisti.

Certo Dante non avrebbe affrontato a cuor leggero quel “mezzo del cammin di nostra vita”, ancora esente da gabelle pseudo-sanitarie, se si fosse trovato in questa triste epoca, in cui si è assestato sui 50 anni e che è stato individuato come bersaglio politico e fiscale.

Ritengo che non l’avrebbe fatto nonostante la lungimiranza di un vate che non poteva immaginare, neanche lui, la colpa del varcare quella soglia anagrafica, già gravata dalla fisiologia che, come un novello Caronte, traghetta nella senilità i malcapitati, ora colpiti dalla “Transizione” ecologica (che logica non è).

La fascia d’età, individuata per sfasciare tutta la comunità, è stata collocata in una stoica classe anagrafica di impenitenti, recalcitranti, inadempienti cultori dell’integrità fisica, che si rifiutano di “farsi mettere le mani addosso” con terapie geniche che sfregiano l’Art.32 della Costituzione.

Il motto autoritario che imperava nel ’68: “Il corpo è mio e me lo gestisco io” è stato distorto dall’abuso gestionale attribuito all’Agenzia delle Entrate.

Il nesso tematico tra questi due oggetti eterogenei: l’Erario e la salute fisica, non è dato di comprendere, entro i paletti della ragione e della democrazia.

Tanto accade oggi, caro mio vate Alighieri, per colpa di quello che avremmo definito superficialmente un tuo simile, solo per l’appartenenza al genere umano (l’aggettivo è fin troppo enfatico, dato il soggetto), attinente alla divina poetica esclusivamente per coincidenza delle tue figure allegoriche con quella onomastica del rettiliano alato transumano che sta tenendo sotto scacco un’intera nazione, spaventandola con ‘lingue di DPCM’, infuocate d’odio.

Non sarebbe pertinente altra analogia, se non per una casuale congiunzione lessicale del tuo appellativo, corretto più significativamente in “vater”, nell’altro caso.

Che scarso risultato culturale hanno sortito il valore letterario e la consapevolezza politica dell’illustre progenitore, in mano a queste ‘forme di democrazia’ informi.